L’olimpiade (Jommelli), libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1774

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Bipartita che si forma dalle ruine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d’edera, di spine e d’altre piante selvagge.
 
 MEGACLE trattenuto da AMINTA per una parte e dopo ARISTEA trattenuta da ARGENE per l’altra. Ma quelli non veggono queste
 
 MEGACLE
 Lasciami. Invan t'opponi.
 AMINTA
                                                 Ah torna, amico,
 una volta in te stesso. In tuo soccorso
 pronta sempre la mano
910del pescator, ch'or ti salvò dall'onde,
 credimi, non avrai. Si stanca il cielo
 d'assister chi l'insulta.
 MEGACLE
                                           Empio soccorso,
 inumana pietà! Niegar la morte,
 a chi vive morendo. Aminta, oh dio,
915lasciami.
 AMINTA
                    Non fia ver.
 ARISTEA
                                            Lasciami, Argene.
 ARGENE
 Non lo sperar.
 MEGACLE
                             Senza Aristea non posso,
 non deggio viver più.
 ARISTEA
                                          Morir vogl'io
 dove Megacle è morto.
 AMINTA
                                            Attendi. (A Megacle)
 ARGENE
                                                              Ascolta. (Ad Aristea)
 MEGACLE
 Che attender?
 ARISTEA
                             Che ascoltar?
 MEGACLE
                                                        Non si ritrova
920più conforto per me.
 ARISTEA
                                        Per me nel mondo
 non v'è più che sperar.
 MEGACLE
                                            Serbarmi in vita...
 ARISTEA
 Impedirmi la morte...
 MEGACLE
 Indarno tu pretendi.
 ARISTEA
                                         Invan presumi.
 AMINTA
 Ferma. (Volendo trattener Megacle che gli fugge)
 ARGENE
                  Senti, infelice. (Volendo trattenere Aristea come sopra)
 ARISTEA
                                               Oh stelle! (Incontrandosi in Megacle)
 MEGACLE
                                                                   Oh numi! (Incontrando Aristea)
 ARISTEA
925Megacle!
 MEGACLE
                    Principessa!
 ARISTEA
                                             Ingrato! E tanto
 m'odi dunque e mi fuggi,
 che per esserti unita,
 s'io mi affretto a morir, tu torni in vita?
 MEGACLE
 Vedi a qual segno è giunta,
930adorata Aristea, la mia sventura.
 Io non posso morir; trovo impedite
 tutte le vie per cui si passa a Dite.
 ARISTEA
 Ma qual pietosa mano...
 
 SCENA II
 
 ALCANDRO e detti
 
 ALCANDRO
 Oh sacrilego! Oh insano!
935Oh scellerato ardir!
 ARISTEA
                                      Vi sono ancora
 nuovi disastri, Alcandro?
 ALCANDRO
                                                In questo istante
 rinasce il padre tuo.
 ARISTEA
 Perché?
 ALCANDRO
                  Già sai che per costume antico
 questo festivo dì con un solenne
940sacrificio si chiude. Or mentre al tempio
 venia fra' suoi custodi
 la sacra pompa a celebrar Clistene,
 perché non so né da qual parte uscito
 Licida impetuoso
945ci attraversa il cammin. Urta; roverscia
 i sorpresi custodi. Al re s'avventa:
 «Mori» grida, fremendo, e gli alza in fronte
 il sacrilego ferro.
 ARISTEA
                                  Oh dio!
 ALCANDRO
                                                   Non cangia
 il re sito, o color. Severo il guardo
950gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice:
 «Temerario! Che fai!» Vedi se 'l cielo
 veglia in cura de' re. Gela a que'detti
 il giovane feroce. Il braccio in alto
 sospende a mezzo il colpo; il regio aspetto
955attonito rimira; impallidisce;
 incomincia a tremar; gli cade il ferro;
 e dal ciglio, che tanto
 minaccioso parea, prorompe in pianto.
 ARISTEA
 Respiro.
 ARGENE
                   Oh folle!
 AMINTA
                                     Oh sconsigliato!
 ARISTEA
                                                                    Ed ora
960il genitor che fa?
 ALCANDRO
                                  Di lacci avvolto
 ha il colpevole innanzi.
 AMINTA
                                            (Ah si procuri
 di salvar l'infelice). (Parte)
 MEGACLE
 E Licida che dice?
 ALCANDRO
                                    Alle richieste
 nulla risponde. È reo di morte e pare
965che nol sappia, o nol curi. Ognor piangendo
 il suo Megacle chiama; a tutti il chiede,
 lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come
 altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
 MEGACLE
 Più resister non posso. Al caro amico
970per pietà chi mi guida?
 ARISTEA
                                              Incauto! E quale
 sarebbe il tuo disegno? Il genitore
 sa che tu l'ingannasti;
 sa che Megacle sei. Perdi te stesso
 presentandoti al re, non salvi altrui.
 MEGACLE
975Col mio principe insieme
 almen mi perderò. (In atto di partire)
 ARISTEA
                                      Senti. E non stimi
 consiglio assai miglior che 'l padre offeso
 vada a placargli io stessa?
 MEGACLE
                                                 Ah! che di tanto
 lusingarmi non so.
 ARISTEA
                                     Sì. Questo ancora
980per te si faccia.
 MEGACLE
                               Oh generosa, oh grande,
 oh pietosa Aristea! Ben lo diss'io,
 quando pria ti mirai, che tu non eri
 cosa mortal. Va', mio conforto...
 ARISTEA
                                                           Ah basta;
 non fa d'uopo di tanto.
985Un sol de' sguardi tuoi
 mi costringe a voler ciò che tu vuoi.
 
    Caro, son tua così
 che per virtù d'amor
 i moti del tuo cor
990risento anch'io.
 
    Mi dolgo al tuo dolor;
 gioisco al tuo gioir;
 ed ogni tuo desir
 diventa il mio. (Parte)
 
 SCENA III
 
 MEGACLE ed ARGENE
 
 MEGACLE
995Ah secondate, o numi,
 la pietà d'Aristea.
 ARGENE
                                   Deh tanta cura
 non prender di costui. Vedi che 'l cielo
 è stanco di soffrirlo. Al suo destino
 lascialo in abbandono.
 MEGACLE
1000Lasciar l'amico? Ah! così vil non sono.
 
    Lo seguitai felice,
 quando era il ciel sereno;
 alle tempeste in seno
 voglio seguirlo ancor. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARGENE, poi AMINTA
 
 ARGENE
1005Eppure a mio dispetto
 sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
 ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,
 mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
 AMINTA
 Misero, dove fuggo? Oh dì funesto!
1010Oh Licida infelice!
 ARGENE
                                     È forse estinto?
 AMINTA
 No; ma il sarà fra poco.
 ARGENE
 Povero prence! oh dio!
 AMINTA
                                            Che giova il pianto?
 ARGENE
 Ed Aristea non giunse?
 AMINTA
 Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole,
1015o non può compiacerla.
 ARGENE
 E Megacle?
 AMINTA
                        Il meschino
 ne' custodi s'avvenne
 che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
 chieder fra le catene
1020di morir per l'amico. E se non fosse
 ancor ei delinquente,
 ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro
 morir non può.
 ARGENE
                               L'ha procurato almeno.
 Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto
1025senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi
 l'amistà che l'amore? Ah quali io sento
 d'un'emula virtù stimoli al fianco!
 Sì; rendiamoci illustri; infin che dura
 parli il mondo di noi; faccia il mio caso
1030meraviglia e pietà; né si ritrovi
 nell'universo tutto
 chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto. (Parte)
 
 SCENA V
 
 AMINTA solo
 
 AMINTA
 Fuggi, salvati, Aminta; in queste sponde
 tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio,
1035senza Licida io vado? Io l'educai
 con sì lungo sudore; a regie fasce
 io l'inalzai da sconosciuta cuna;
 ed or potrei senz'esso
 partir così? No. Si ritorni al tempio;
1040si vada incontro all'ira
 dell'oltraggiato re; Licida involga
 me ancor ne' falli sui;
 si mora di dolor, ma accanto a lui.
 
    Son qual per mare ignoto
1045naufrago passaggiero,
 già con la morte a nuoto
 ridotto a contrastar.
 
    Ora un sostegno ed ora
 perde una stella; alfine
1050perde la speme ancora
 e s'abbandona al mar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
 
 CLISTENE che scende dal tempio preceduto da numeroso popolo, da’ suoi custodi, da LICIDA in bianca veste, coronato di fiori, da ALCANDRO e dal coro de’ sacerdoti, de’ quali alcuni portano sopra bacili d’oro gli stromenti del sacrificio
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah, sospendi, gran padre de' numi,
 ah, deponi, gran nume de' re.
 
 CLISTENE
1055Giovane sventurato, ecco vicino
 de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
 Tanta pietade, e mi punisca Giove
 se adombro il ver, tanta pietà mi fai
 che non oso mirarti. Il ciel volesse
1060che potess'io dissimular l'errore.
 Ma non lo posso, o figlio. Io son custode
 della ragion del trono. Al braccio mio
 illesa altri la diede;
 e renderla degg'io
1065illesa, o vendicata a chi succede.
 Obbligo di chi regna
 necessario è così come è penoso
 il dover con misura esser pietoso.
 Pur se nulla ti resta
1070a desiar, fuor che la vita, esponi
 libero il tuo desire. Esserne io giuro
 fedele esecutor. Quanto ti piace,
 figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
 LICIDA
 Padre, che ben di padre,
1075non di giudice e re, que' detti sono,
 non merito perdono,
 non lo spero, nol chiedo e nol vorrei.
 Afflisse i giorni miei
 di tal modo la sorte
1080ch'io la vita pavento e non la morte.
 L'unico de' miei voti
 è il riveder l'amico
 pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,
 l'ultima grazia imploro
1085d'abbracciarlo una volta e lieto io moro.
 CLISTENE
 T'appagherò. Custodi, (Alle guardie)
 Megacle a me.
 ALCANDRO
                             Signor, tu piangi? E quale
 eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
 CLISTENE
 Alcandro, lo confesso,
1090stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
 la voce di costui nel cor mi desta
 un palpito improvviso
 che lo risente in ogni fibra il sangue.
 Fra tutti i miei pensieri
1095la cagion ne ricerco e non la trovo.
 Che sarà, giusti dei, questo ch'io provo!
 
 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
 Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
 caro Megacle, vieni.
 MEGACLE
                                       Ah qual ti trovo,
1100povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
 una vita che invano
 voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
 Licida, non andrai. Noi passeremo
1105ombre amiche indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
 finché piacque al destin, dolce compagno
 separarci convien... Poiché siam giunti
 agli ultimi momenti,
1110quella destra fedel porgimi e senti.
 Sia preghiera, o comando,
 vivi; io bramo così. Pietoso amico,
 chiudimi tu di propria mano i lumi,
 ricordati di me. Ritorna in Creta
1115al padre mio... (Povero padre! a questo
 preparato non sei colpo crudele).
 Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
 reggi, assisti, consola,
1120lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
 e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTENE
                                     Non posso, Alcandro,
 resister più. Guarda que' volti; osserva
1125que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri e que' confusi
 fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor trascorre
 l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTENE
                                                    È vero.
1130Olà sacri ministri,
 la vittima prendete. E voi custodi,
 dall'amico infelice
 dividete colui. (Sono divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari! Ah voi
 avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
1135Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 A DUE
                                                               Addio.
 LICIDA
 
    Dolce amico; ai giorni tuoi
 quegli aggiunga il ciel pietoso
 che il destino invola a me.
 
 MEGACLE
 
    Ah! Di Lete il guado ombroso
1140voglio anch'io varcar con te.
 
 CLISTENE
 
    Che momento tormentoso!
 pena (oh dio!) maggior non v'è.
 
 LICIDA
 
    Viver dei.
 
 MEGACLE
 
                         Che cenno è questo!
 
 CLISTENE
 
 Che spettacolo funesto!
 
 LICIDA
 
1145Dammi...
 
 MEGACLE
 
                     Prendi...
 A DUE
 
                                       Un altro amplesso.
 
 A TRE
 
 Non resisto al fiero eccesso
 del tiranno affanno mio.
 
 MEGACLE
 
 Prence...
 
 LICIDA
 
                   Amico...
 
 A DUE
 
                                     (Oh stelle!) Addio.
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
1150ah! sospendi, gran padre de' numi,
 ah! deponi, gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio; e nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTENE
 O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove,
 al cui cenno si muove
1155il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
 questa che a te si svena
1160sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)
 
 SCENA VIII
 
 ARGENE e detti
 
 ARGENE
 Fermati, o re. Fermate
 sacri ministri.
 CLISTENE
                             Oh insano ardir! Non sai,
 ninfa, qual opra turbi?
 ARGENE
                                            Anzi più grata
1165vengo a renderla a Giove. Una io vi reco
 vittima volontaria ed innocente
 che ha valor, che ha desio
 di morir per quel reo.
 CLISTENE
                                           Qual è?
 ARGENE
                                                            Son io.
 MEGACLE
 (Oh bella fede!)
 LICIDA
                                (Oh mio rossor!)
 CLISTENE
                                                                 Dovresti
1170saper che al debil sesso
 pel più forte morir non è permesso.
 ARGENE
 Ma il morir non si vieta
 per lo sposo a una sposa. In questa guisa
 so che al tessalo Admeto
1175serbò la vita Alceste; e so che poi
 l'esempio suo divenne legge a noi.
 CLISTENE
 Che perciò? Sei tu forse
 di Licida consorte?
 ARGENE
                                      Ei me ne diede
 in pegno la sua destra e la sua fede.
 CLISTENE
1180Licori, io che t'ascolto
 son più folle di te. D'un regio erede
 una vil pastorella
 dunque...
 ARGENE
                     Né vil son io,
 né son Licori. Argene ho nome; in Creta
1185chiara è del sangue mio la gloria antica.
 E se giurommi fé Licida il dica.
 CLISTENE
 Licida, parla.
 LICIDA
                           (È l'esser menzognero
 questa volta pietà). No, non è vero.
 ARGENE
 Come! E negar lo puoi? Volgiti ingrato,
1190riconosci i tuoi doni,
 se me non vuoi. L'aureo monile è questo
 che nel punto funesto
 di giurarmi tua sposa
 ebbi da te. Ti risovvenga almeno
1195che di tua man me ne adornasti il seno.
 LICIDA
 (Purtroppo è ver).
 ARGENE
                                    Guardalo, o re.
 CLISTENE
                                                                 Dinanzi (Alle guardie che vogliono allontanarla a forza)
 mi si tolga costei.
 ARGENE
                                   Popoli, amici,
 sacri ministri, eterni dei, se pure
 n'è alcun presente al sacrificio ingiusto,
1200protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono
 sposa a Licida e voglio
 morir per lui; né... Principessa, ah vieni,
 soccorrimi; non vuole
 udirmi il padre tuo.
 
 SCENA IX
 
 ARISTEA e detti
 
 ARISTEA
                                       Credimi, o padre,
1205è degna di pietà.
 CLISTENE
                                  Dunque volete
 ch'io mi riduca a delirar con voi?
 Parla. Ma siano brevi i detti tuoi. (Ad Argene)
 ARGENE
 Parlino queste gemme, (Porge il monile a Clistene)
 io tacerò. Van di tai fregi adorne
1210in Elide le ninfe?
 CLISTENE
                                   Aimè. Che miro! (Lo guarda e si turba)
 Alcandro, riconosci
 questo monil?
 ALCANDRO
                             Se 'l riconosco? È quello
 che al collo avea, quando l'esposi all'onde,
 il tuo figlio bambin.
 CLISTENE
                                       Licida (Oh dio!
1215Tremo da capo a piè). Licida, sorgi,
 guarda; è ver che costei
 l'ebbe in dono da te?
 LICIDA
                                         Però non debbe
 morir per me. Fu la promessa occulta;
 non ebbe effetto e col solenne rito
1220l'imeneo non si strinse.
 CLISTENE
                                             Io chiedo solo
 se 'l dono è tuo.
 LICIDA
                               Sì.
 CLISTENE
                                       Da qual man ti venne?
 LICIDA
 A me donollo Aminta.
 CLISTENE
                                           E questo Aminta
 chi è?
 LICIDA
               Quello a cui diede
 il genitor degli anni miei la cura.
 CLISTENE
1225Dove sta?
 LICIDA
                     Meco venne;
 meco in Elide è giunto.
 CLISTENE
 Questo Aminta si cerchi.
 ARGENE
                                                Eccolo appunto.
 
 SCENA X
 
 AMINTA e detti
 
 AMINTA
 Ah Licida... (Vuole abbracciarlo)
 CLISTENE
                         T'accheta.
 Rispondi e non mentir. Questo monile
1230donde avesti?
 AMINTA
                             Signor, da mano ignota,
 già scorse il quinto lustro
 ch'io l'ebbi in don.
 CLISTENE
                                     Dov'eri allor?
 AMINTA
                                                                Là dove
 in mar, presso a Corinto,
 sbocca il torbido Asopo.
 ALCANDRO
                                              (Ah ch'io rinvengo (Guardando attentamente Aminta)
1235delle note sembianze
 qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno;
 certo egli è desso). Ah d'un antico errore, (Inginocchiandosi)
 mio re, son reo. Deh mel perdona; io tutto
 fedelmente dirò.
 CLISTENE
                                  Sorgi, favella.
 ALCANDRO
1240Al mar, come imponesti,
 non esposi il bambin; pietà mi vinse.
 Costui straniero, ignoto
 mi venne innanzi e gliel donai, sperando
 che in rimote contrade
1245tratto l'avrebbe.
 CLISTENE
                                E quel fanciullo, Aminta,
 dov'è? Che ne facesti?
 AMINTA
                                           Io... (Quale arcano
 ho da scoprir!)
 CLISTENE
                              Tu impallidisci? Parla,
 empio, di', che ne fu? Tacendo aggiungi
 all'antico delitto error novello.
 AMINTA
1250L'hai presente, o signor; Licida è quello.
 CLISTENE
 Come! Non è di Creta
 Licida il prence?
 AMINTA
                                  Il vero prence in fasce
 finì la vita. Io ritornato appunto
 con lui bambino in Creta, al re dolente
1255l'offersi in dono; ei dell'estinto invece
 al trono l'educò per mio consiglio.
 CLISTENE
 Oh numi, ecco Filinto, ecco il mio figlio. (Abbracciandolo)
 ARISTEA
 Stelle!
 LICIDA
               Io tuo figlio?
 CLISTENE
                                         Sì. Tu mi nascesti
 gemello ad Aristea. Delfo m'impose
1260d'esporti al mar bambino, un parricida
 minacciandomi in te.
 LICIDA
                                          Comprendo adesso
 l'orror che mi gelò, quando la mano
 sollevai per ferirti.
 CLISTENE
                                     Adesso intendo
 l'eccessiva pietà che nel mirarti
1265mi sentivo nel cor.
 AMINTA
                                     Felice padre!
 ALCANDRO
 Oggi molti in un punto
 puoi render lieti.
 CLISTENE
                                  E lo desio. D'Argene
 Filinto il figlio mio,
 Megacle d'Aristea vorrei consorte;
1270ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.
 MEGACLE
 Non è più reo, quando è tuo figlio.
 CLISTENE
                                                                È forse
 la libertà de' falli
 permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro
 a dimostrar valor; l'unico esempio
1275esser degg'io di debolezza? Ah questo
 di me non oda il mondo. Olà ministri,
 risvegliate su l'ara il sacro fuoco.
 Va', figlio, e mori. Anch'io morrò fra poco.
 AMINTA
 Che giustizia inumana!
 ALCANDRO
1280Che barbara virtù!
 MEGACLE
                                     Signor, t'arresta.
 Tu non puoi condannarlo. In Sicione
 sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno
 a cui tu presiedesti. Il reo dipende
 dal pubblico giudicio.
 CLISTENE
                                          E ben s'ascolti
1285dunque il publico voto. A pro del reo
 non prego, non comando e non consiglio.
 CORO DI SACERDOTI E POPOLO
 
    Viva il figlio delinquente,
 perché in lui non sia punito
 l'innocente genitor.
 
1290   Né funesti il dì presente,
 né disturbi il sacro rito
 un'idea di tanto orror.
 
 Fine del dramma